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progetto Variazioni Cosmetiche

‘Variazioni Cosmetiche’

Il potere della femminilità verso nuovi percorsi di cittadinanza

 

Quando la paura della diversità fa erigere muri e barricate, insinua il rifiuto e il misconoscimento della persona, è il momento di dar voce, con quanta più forza possibile, alla ricchezza e alle potenzialità legate al pluralismo. Occorre allora parlare di esempi virtuosi che infondono speranza e senso di prossimità, base per qualsiasi progetto di coesione sociale. Il genere gioca un ruolo fondamentale in questa strategia, confermandosi come categoria analitica in grado di aprire nuove prospettive critiche e di ispirare percorsi inediti di cittadinanza. E’ il caso di Variazioni Cosmetiche, progetto che a partire dalla diversità di genere e culturale traccia un vero e proprio viaggio interiore. E come tale, le protagoniste di quest’avventura, non potevano che uscirne profondamente mutate. Si è trattato di un cammino del tutto speciale durato quasi cinque mesi (febbraio-giugno 2016) presso la sede dell’Associazione Culturale del Bangladesh in via Marco Perennio ad Arezzo. Il progetto, ideato dalla Dott.ssa Alessia Belli e dall’artista Cristina Pancini e sostenuto coi fondi della Chiesa Valdese, si è sviluppato attorno all’interrogativo: “qual è il significato di femminilità?”. Una questione quanto mai attuale e resa ancor più ambiziosa e significativa per il fatto di aver coinvolto donne, circa quindici, di provenienze geografiche e culture completamente differenti. “La questione delle donne straniere è particolarmente urgente – ci dice Belli, curatrice della dimensione filosofico-politica del progetto – Dinanzi alla retorica dello scontro di civiltà, dove le donne straniere figurano generalmente nella veste di vittime o di minaccia, e al rischio connesso di una escalation di esclusione e discriminazione, partire dal loro essere donne migranti in comunicazione con altre donne è una scelta strategica per tessere i fili di una inclusione attiva e partecipe”.

Il concetto di femminilità come presupposto, dunque, per una maggiore consapevolezza della propria identità e per favorire forme di cittadinanza attiva. Da qui è nata la volontà di dar vita a un laboratorio sperimentale in cui amalgamare linguaggio filosofico e artistico al fine di creare un’interdisciplinarietà catalizzatrice delle forze di trasformazione della società: alla base una serie di incontri sia teorici che pratici in cui un ruolo fondamentale ha avuto l’arte, intesa come forma attiva di percepire e operare all’interno della realtà. “I punti nodali attorno a cui si è sviluppata tutta la nostra ricerca sono stati maternità, cosmesi, corpo e stereotipi – racconta Pancini, curatrice dell’ambito di arte contemporanea del progetto e creatrice del sito variazionicosmetiche.com – Abbiamo portato esempi di artiste pioniere in questi ambiti, donne poco conosciute che per prime hanno cercato di infrangere gli stereotipi con gesti incredibili (come andare in Suriname per disegnare piante quando la società fortemente patriarcale non permetteva tali libertà). La domanda è: perché queste donne sono così poco conosciute?”. All’interno di tali frame si sono snodate discussioni, veri e propri momenti di incontro dove similarità differenti hanno interagito in modo non conflittuale: “Le reazioni a questi temi sono state sempre serene, abbiamo notato un grande affiatamento e una voglia di raccontarsi e confrontarsi davvero sorprendente”. Il progetto è stato un successo, sincero, puro: lo si evince dagli occhi di queste donne, dai loro abbracci, dalla volontà quasi di non separarsi, dalla consapevolezza di aver affrontato un percorso che le ha avvicinate non solo a loro stesse, ma anche a realtà così differenti instaurando autentici legami d’amicizia: “E’ stata un’esperienza emozionante – ci dicono le latine Adriana e Gloria – bellissimo sentirsi unite nonostante le nostre strade partissero da territori così lontani. Attraverso l’arte e la letteratura abbiamo scoperto grandi donne, che hanno lottato strenuamente per affermare i propri, i nostri diritti. E’ stato incredibile conoscere persone così differenti, speciali, e confrontarsi con loro in maniera del tutto naturale”. “Le donne non sono solo mutilazioni, abusi, femminicidi. Cose ignobili certamente. Ma in noi donne esistono grandi potenzialità – è Valentina, giovanissima aretina, a spiegare le sue impressioni – nella vita quotidiana è difficile che ti capiscano quando parli di questi argomenti”. Dello stesso avviso la coetanea Roberta, italo-rumena: “All’interno del gruppo ho percepito collaborazione, condivisione, rispetto, eguaglianza, bellezza. Alle volte noi donne viviamo come negativa la nostra sensibilità quando invece è una ricchezza”. Spazio anche alla manualità: “Il momento che ho preferito è stato quello in cui tutte noi abbiamo portato la nostra trousse e truccato la ragazza che ci stava di fronte – ci dicono Shukri e Yasmin, madre e figlia di origini somale – ci ha fatto sorridere ma anche scoprire delle caratteristiche che noi non avevamo mai notato”. Intensa e piena di emozioni la performance finale all’interno del centro estetico Beauty &B al culmine di un lavoro che ha colpito nel segno: “Come valorizzare ognuna di loro? – prosegue Pancini “Abbiamo deciso di organizzare una sorta di viaggio, un percorso a tappe che avrebbe condotto, infine, all’incontro con una persona. Lungo la “strada” – le stanze del centro estetico – il viaggiatore avrebbe trovato degli indizi che l’altra aveva lasciato per farsi immaginare e, attraverso una sorta di diario di bordo, avrebbe ricostruito l’identità della donna in sua attesa alla fine del cammino. E’ stata una vera e propria bomba emotiva: ci sono state persone che si sono abbracciate per minuti, che hanno continuato a vedersi anche dopo per parlare… incredibile”. Un progetto che ha unito culture differenti rompendo quei muri, soprattutto mentali, che alle volte sembrano essere insormontabili, per scoprirci tutt* come persone mobili, fluide e testimoniando una volta di più che la diversità è opportunità sia culturale che propellente per la crescita personale. “Sono soddisfatto del progetto che è stato compiuto qui nella nostra sede, ed orgoglioso di aver permesso questo passo in avanti verso un mondo dove ci siano sempre meno differenze e più integrazione– afferma Tito Anisuzzaman, presidente dell’Associazione Culturale Bangladesh. Anche secondo Francesco Romizi, responsabile comunicazione dell’Associazione “dare ascolto a visioni femminili provenienti da culture tanto differenti ma convergenti mi pare una strada maestra su cui contribuire alla costruzione di una società integrata e, dunque, virtuosa”. E’ certo che questo progetto pone nuovi interrogativi, poiché il concetto stesso di femminilità, così fluido, non può essere imbrigliato univocamente. Un grande pensatore indiano una volta disse che tutto ciò che si è, che si pensa e sente, che si fa in ogni attimo dell’esistenza quotidiana, viene proiettato fuori da noi e va a costruire il mondo. In questo caso, grazie al contributo di progetti come quelli di due donne, Alessia e Cristina, un mondo migliore, a cui guardare con fiducia.

 

Giacomo Belli

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